Meno additivi e sale, più salute: cosa fanno le grandi aziende?

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Meno additivi e sale nell’industria alimentare: la quantità, quali sono, e quali le cause 

Il dibattito sull’aggiunta di meno additivi e sale nei prodotti delle grandi aziende alimentari è di grande interesse e ancora oggi, di non facile soluzione, dato che i grandi imprenditori industriali sono ancora un po’ scettici nell’adozione di misure più salutari a danno di un profitto meno redditizio. Ad avvalorare il loro utilizzo è anche il decreto ministeriale del 31/03/1965, il quale definisce come “additivi alimentari” quelle sostanze prive di potere nutritivo che vengono usate per lasciare immutato l’aspetto dei cibi e ne consente l’uso previa la mancata osservazione della normativa. Ma quali sono questi additivi e cosa provoca il loro uso? Esistono numerose sostanze che vengono impiegate come additivi alimentari e la Food and Drug Administration (FDA) americana ha approvato l’uso alimentare di oltre 3.000 molecole, molte delle quali sono utilizzate anche come additivi. Tante si trovano in natura e sono sfruttate proprio per le loro caratteristiche; altre sono di origine naturale e sono modificate chimicamente per ottimizzare le proprietà. 

La didascalia completa: naturali e chimici 

Tra gli additivi di origine naturale, non nocivi per la salute, troviamo alcune vitamine e nutrienti quali:

  • la vitamina C, o ascorbato (E300), e i derivati (E301, E302, E303) utilizzati come antiossidanti;
  •  il licopene (E160d), presente nel pomodoro;
  •  le antocianine (E163), abbondanti nei frutti di bosco;
  •  la vitamina B2, o riboflavina (E101), e la curcumina (E100) usati come coloranti;
  • il glutammato (E620) e glicina (E640), due amminoacidi presenti normalmente nelle proteine, impiegati come esaltatori di sapidità;
  •  l’acido citrico (E330), contenuto nei limoni, usato come comune regolatore di acidità;
  •  la pectina (E440), usata come addensatore nella cucina domestica, per esempio per fare le marmellate.

Invece, tra gli additivi di origine chimica, che provocano allergie, patologie agli organi e anche forme tumorali molto serie troviamo: 

  • i nitriti e nitrati, che legandosi con le ammine durante le lavorazioni delle carni o nell’intestino umano, possono dare le nitrosammine, sostanze giudicate cancerogene dall’International Agency for the Reasearch on Cancer (IARC).
  •  il bromato di potassio (pane e cracker), classificato dallo IARC come probabile cancerogeno.
  • il propyl Parabene, conservante utilizzato nei prodotti da forno, è un contaminante ubiquitario.
  • l’idrossianisolo butilato o BHA, probabile cancerogeno. L’Unione Europea lo considera un distruttore endocrino pericoloson e viene utilizzato nelle patatine fritte e in altri cibi grassi come conservante ed esaltatore di sapidità.
  • l’idrossitoluene butilato o BHT, che secondo l’EFSA è causa di tumori del fegato e del polmone negli animali, ed è anche un probabile distruttore endocrino.
  • il propil gallato, conservante per salse, è un presunto distruttore endocrino e un cancerogeno.
  • la teobromina, che ha una componente naturale del cioccolato e viene usata come additivo nel pane, nei cereali e nelle bibite per sportivi.  Ha possibili effetti negativi sullo sviluppo e sulla riproduzione.
  • i coloranti artificiali: troviamo il 4-metil-imidazolo o il 4-MEI, vietati in Europa perché potenzialmente cancerogeni;
  • il diacetile, un’ alternativa del burro nei popcorn per microonde, è associato a gravi malattie respiratorie;
  • i fosfati che aumentano il rischio cardiovascolare;
  • l’alluminio, uno stabilizzante associato a disturbi nello sviluppo e a malattie neurodegenerative. Tende ad accumularsi in tessuti e ossa, ed è neurotossico.

Dal quadro completo, quindi, si evince un alto tasso di dannosità per la salute dei consumatori, in particolare negli additivi chimici, che le aziende non dovrebbero sottovalutare, ma tenere presente nella scelta di additivi più naturali possibili per il bene dei consumatori.. 

Meno additivi e sale: quanto viene usato il secondo e quali i danni

Altra questione da non dimenticare e da non sottovalutare nel discorso della lotta contro il “meno additivi e sale”, è la presenza di quest’ultimo nei prodotti industriali, che non solo migliorano il sapore del cibo ma consentono una maggiore conservazione, in particolare negli alimenti “sotto sale”. Ma quanto è favorevole utilizzare questo ingrediente, o meglio quanto danno più arrecare alla salute dell’essere umano se non conoscono i rischi e la giusta dose da assumere? A rispondere è la dietista Claudia Cambria di Bologna, che in un’intervista del sito web “Il giornale del cibo” attesta che bisogna ridurre il consumo di sale ad  almeno 5 grammi al giorno e prediligere cibi freschi e non trattati, e soprattutto evitare prodotti preparati e confezionati industrialmente. Un vero e proprio cambio di dieta che aiuterebbe a condurre una vita più salutare, senza il rischio di contrarre patologie di difficile gestione. A parlare, però, dell’argomento, non è solo la dietista bolognese, ma anche una delle eccellenze campane, come il professore dell’Università di Napoli Federico II, Pasquale Strazzullo, nonché presidente della SINU (Società Italiana Nutrizione Umana) il quale, insieme alla società, ogni anno sostiene la campagna settimanale MENO Sale e PIU’ Sapori” che quest’anno avrà luogo dall’8 al 14 marzo 2021 con l’intento di sensibilizzare alla riduzione dell’aggiunta del sale non solo la comunità, ma anche le multinazionali alimentari campane.

8-14 Marzo 2021: la settimana della lotta contro il sale 

La SINU (Società italiana di nutrizione umana) in collaborazione con il Prof. Pasquale Strazzullo, la Dott.ssa Giulia Cairella, il Prof. Francesco Sofi,e  la Dott.ssa Daniela Erba, ogni anno promuove la campagna annuale per la riduzione del consumo di sale promossa per il 13° anno da WASSH (World Action on Salt, Sugar e Health), dove si elencano gli obiettivi del “Programma nazionale Guadagnare salute a migliorare la qualità della vita“, in cui si esplica che l’abuso di sale porta rischi come l’ipertensione, l’ostruzione cardiovascolare, infarto miocardico e ictus. Inoltre, pone in evidenza studi effettuati sulla riduzione del sale, la quale determina un aumento della pressione arteriosa ed evita il rischio di ictus cerebrali, infarti e scompensi cardiaci. La campagna ha avuto molto eco a livello internazionale, tanto che la rivista Nutrition, Metabolism and Cardiovascular Disease, ha registrato la riduzione del sale nei cibi del 12%, pur tuttavia superando i bisogni fisiologici e i valori raccomandati dall’OMS. Piccoli risultati, che piano piano possono portare ad un vero e proprio cambiamento a livello alimentare e salutare. 

Meno Sale e Più Sapori: i temi del 2021

La campagna di quest’anno mette a fuoco in modo particolare il valore di spezie e aromi nell’accompagnare e favorire un ridotto utilizzo del sale per conferire sapore agli alimenti, con la diffusione di alcuni video in collaborazione con chef, che con delle facili ricette, mostreranno come esaltare il naturale sapore dei cibi senza l’aggiunta di sale rispetto alla quantità consigliata giornalmente. Inoltre, per favorire una maggiore considerazione dei temi trattati dalla campagna, la SINU mette a disposizione sul sito web le relative ricette e i consigli per una vita sana, con una pratica locandina da consultare facilmente sulla sezione dedicata all’iniziativa. 

In conclusione, è necessario ricordare che gli sforzi da compiere sono ancora tanti: non solo la comunità dovrebbe capire l’importanza di questa campagna, ma soprattutto le multinazionali alimentari dovrebbero convertirsi ad uno status mentale all’insegna del cibo sano, senza l’aggiunta di additivi e sale per migliorare sia la qualità dei loro prodotti e la sensibilità della propria azienda, sia la salute dei consumatori che ogni giorno si affidano alle loro mani. 

 

 

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