La sfiducia al Governo Draghi ha aperto una voragine nel sistema costituzionale italiano che ha trovato il proprio culmine nelle dimissioni del presidente del Consiglio dei Ministri: analizziamo quali sono le conseguenze per l’economia e le eventuali ripercussioni sulle imprese italiane.
Cade il Governo: ecco cosa rischiano le imprese italiane
La crisi parlamentare che ha coinvolto il nostro Paese ha avuto origine con il voto di sfiducia del Movimento 5 Stelle al Decreto Aiuti con conseguente rassegna delle dimissioni al presidente della Repubblica da parte di Mario Draghi. Sergio Mattarella ha però respinto le dimissioni e rimesso la questione alle Camera per la parlamentarizzazione della crisi.
In questo giro di votazioni il Governo Draghi ha ottenuto la maggioranza in Senato ma con l’astensione al voto di Forza Italia, Lega e Movimento 5 Stelle, emergendo così l’assenza di prospettive per la formazione di una nuova maggioranza. A questo punto, il presidente del Consiglio ha rassegnato le dimissioni, questa volta definitive, e con successiva audizione dei presidenti delle Camere da parte di Mattarella, quest’ultimo ha firmato il decreto di scioglimento delle stesse, disponendo l’indizione di nuove elezioni.
Conseguenze per l’economia italiana
La crisi di Governo apre una fase delicata per il Paese, soprattutto in un momento storico in cui c’è bisogno di concretezza, stabilità e continuità. Senz’altro la persona di Draghi alla guida del Governo è stata, nell’ ottica internazionale, da monito per il risollevamento della credibilità e affidabilità dell’Italia.
Il venir meno di una figura così autorevole ha destabilizzato gli equilibri internazionali, oltre a costituire motivo di preoccupazione per le imprese italiane e per chi ha a cuore gli interessi del Paese. Il timore principale è che l’attuale crisi politica, generando incertezza e non agevolando la propensione al consumo e agli investimenti, possa sfociare in crisi economica.
L’incertezza politica e gli aspetti economici e finanziari
Quanto agli aspetti propriamente economici e finanziari e riguardanti le imprese, non si può non constatare che l’incertezza politica prima e la caduta del Governo Draghi poi hanno portato subito tensioni sui mercati azionari e obbligazionari. Basti pensare all’apertura in calo, all’indomani della caduta del governo Draghi, per la Borsa di Milano del -1,83%, toccando il -2,57% per poi risalire nel corso del pomeriggio.
Ancora, tensione lieve anche sul differenziale tra Btp e Bund, che ha toccato i 237 punti basi (valori che non si vedevano dalla prima crisi pandemica), per poi scendere a 229 e 212 punti. A piazza Affari hanno sofferto i titoli azionari e non meglio è andata alle banche, quali Unicredit, Banco Bpm, Intesa e Bper. A questo primo scenario ha fatto seguito una ristabilizzazione dei mercati finanziari, generata probabilmente anche dalla definizione in tempo breve della data delle elezioni.
Caduta del Governo Draghi: preoccupazioni e rischi per le imprese italiane
La caduta del Governo Draghi ha generato preoccupazioni di non poco rilievo anche per le imprese. Se infatti il Decreto Aiuti si farà in ogni caso, con misure a sostegno delle famiglie e delle imprese, lo stesso non può dirsi del Pacchetto lavoro e pensioni, delle questioni relative al salario minimo, taglio del cuneo, superamento della legge Fornero e attuazione del Pnrr.
Proprio su quest’ultimo problema vale la pena soffermarsi. Il venir meno del Governo Draghi ha messo in bilico il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Per cui si temeva che questo potesse subire una battuta d’arresto con conseguente perdita dei 19 miliardi di euro della seconda trance per mancato raggiungimento dei 55 obiettivi prefissati.
A tal proposito vanno fatte delle precisazioni. In primo luogo, l’articolo 21 del Dispositivo per la ripresa e resilienza (Recovery and Resilience Facility, Rrf), introduce la possibilità di apportare delle modifiche al Piano e alle relative scadenze per “circostanze oggettive”, quali possono essere la caduta di un governo e le elezioni anticipate.
Il Governo dimissionario
In secondo luogo bisogna soffermarsi sulla posizione del governo dimissionario, il quale resta in carica per l’ordinaria amministrazione, vale a dire per il disbrigo dei cosiddetti affari correnti, qualificabili come atti dovuti, urgenti e indifferibili. È nella circolare firmata giovedì 21 luglio e diffusa il giorno dopo dalla Presidenza del Consiglio, che Mario Draghi ha fissato il perimetro degli affari correnti, precisando che l’Esecutivo rimane impegnato nell’attuazione legislativa, regolamentare e amministrativa del Pnrr e del Piano per gli investimenti complementari (Pnc), il tutto anche anticipando scadenza previste dal Piano per la fine dell’anno.
Quanto detto lascia chiaramente intendere che la crisi di governo non andrà in nessun modo ad intaccare l’attuazione del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza, pertanto le imprese avranno poco da temere. Il governo Draghi, inoltre, rimane impegnato nell’attuazione delle leggi e delle determinazioni già assunte dal Parlamento e nell’adozione degli atti urgenti, ivi compresi gli atti legislativi, regolamentari e amministrativi necessari per fronteggiare le emergenze nazionali, le emergenze derivanti dalla crisi internazionale e la situazione epidemiologica da Covid-19. Inoltre, per assicurare pienezza e continuità dell’azione amministrativa potrà anche procedere a nomine, designazioni e proposte strettamente necessarie e non procrastinabili.
Maria Di Poto